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Cds, quando la speculazione mette in ginocchio un paese

di Morya Longo

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14 marzo 2010

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Ed è proprio qui il punto. Alcuni operatori contattati dal Sole 24Ore affermano, pur non avendo dati per esserne sicuri, che sui Cds della Grecia negli ultimi tempi non ci sono stati grandi volumi di scambi. Il problema è che questi scambi – tanti o pochi che siano – hanno fatto lievitare gli «spread», cioè i premi delle polizze, fino a un massimo di 400 punti base a febbraio. Al mercato, che non sa se questo rialzo degli «spread» sia supportato da forti scambi o se sia un bluff con volumi irrisori, il semplice rialzo fa quindi paura: l'opacità in cui si è sviluppato crea timori, in una situazione economica in Grecia oggettivamente difficile.
Il gioco psicologico è simile a quello della Guerra Fredda: dato che nessuno dei due blocchi sapeva quante armi nucleari avesse l'altro, entrambi aumentavano gli armamenti. La paura nata dai Cds ha creato un effetto simile: dato che nessuno sa se il rialzo degli spread rifletta veri volumi o se sia un bluff, tanti investitori hanno venduto titoli di Stato per ripararsi. Il movimento dei Cds, insomma, ha enfatizzato le vendite sui titoli di Stato greci, poi sui BTp italiani, sui titoli spagnoli e portoghesi. Morale: l'allarme lanciato dai Cds (vero o presunto che sia) è stato una con-causa di un effetto domino sui mercati dei titoli di Stato. E questo un effetto reale ce l'ha: gli Stati devono pagare interessi sempre crescenti sui propri debiti. Insomma: una speculazione forse con minimi volumi, finisce per avere potenzialmente effetti giganteschi. A danno degli Stati. E a favore, chissà, di quei fondi che hanno avviato la presunta speculazione. Ribadiamo: nessuno lo può sapere.

La soluzione? Una Borsa
Per risolvere questo problema – concordano tutti – c'è un'unica strada: creare una Borsa regolamentata dei Cds. Lo dicono le autorità. Lo chiedono i capi di Stato. Lo dicono gli operatori, quegli stessi che poi al telefono contrattano il prezzo di un Cds. «Se ci fosse un mercato regolamentato – osserva un professore che preferisce restare anonimo – si faciliterebbe la lettura dei dati e si eviterebbero le speculazioni». «Basterebbe regolamentare il mercato – aggiunge un operatore – per vedere i volumi effettivi e per capire cosa veramente succede». Proprio questa è la proposta delle istituzioni: resta da vedere se la lobby delle grandi banche, quelle che dall'opecità traggono i maggiori guadagni, è d'accordo. Il braccio di ferro è tutto qui.
morya.longo@ilsole24ore.com

14 marzo 2010
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